sabato 28 gennaio 2012

sono uscita sul balcone a buttare i giornali nella "carta".. punge il freddo.. in bocca ho cuciti i punti salienti della mia storia.. l'antibiotico sfiammerà le amare conseguenze dei nostri gesti, puntini di sospensione.. finalmente posso bere un caffè caldo... finalmente posso pensare al tempo come "mio" .. ma è solo per un paio di giorni.. poi ricomincerà il conto alla rovescia.. dimenticarsi dell"altro" e fuggire all'"altrove" che nascondo nel petto... e me ne torno a letto.. e "mi" dimentico...buon fine settimana ....

martedì 24 gennaio 2012

Mia..
pane e patate, null'altro che quello, lente le gambe e molli sul pavimento sconnesso, liquidi gli occhi, la lingua legata dentro la bocca vuota, che oltre ai denti manca di parole. Sono finiti i sogni, sono finiti, restano solo i .. mi ricordo.. anch'io me lo ricordo e poi??..e poi le mani artigli senza presa, le vene blu sui dorsi,  fiumi di vita gonfi di peso e di tristezza, negli occhi resta ancora il lume, il simbolo di un si, che troppo han detto, e mi ci perdo. Per quante volte ancora vorrò cercare  fra le tue mani il senso delle mie, e fra i ricordi tuoi un attimo di pace, che non lo trovo perch'è mancato, perchè per pace tu non sei creata, perchè di stirpe, votata alla battaglia, ad una guerra muta e rumorosa, che si è confusa nelle mansioni altrui, ma con coraggio e forza, e senza fine hai continuato a raccontare a me che ho raccattato il filo del discorso, fiato sospeso, dalla tua mano tesa e senza esitazione ho riallacciato il nodo...

mi ci commuovo...

a vederla così.. madre, stesa, assopita e assorta. Terra che attira in un abbraccio languido e sospeso. Mi ci commuovo perchè sembra bambina, e sembra verità, e accoglie tutto il tempo del bisogno, il colore del pensiero, il tepore sottile della necessità...perchè sembra ascoltare, accogliere, esaudire.. tutto ciò che non detto, che mai è stato coraggio... che fu...che scivolato dal buco in una tasca il giorno non trattenne e andò perduto...

Ecco, adesso mi somiglia di più.. non riesco proprio ad importare gli archivi di splinder.. ma fa lo stesso.. che forse è anche meglio... 
buona notte...

martedì 17 gennaio 2012

.. di gioia.. d'amore.. e di parole...




S’erano conosciuti sui banchi di una scuoletta serale di scrittura… Lui componeva versi e si infiammava, e rotolava le sue parole in bocca.. a destra e poi a sinistra, caramelle di menta, di zucchero e di vento.. e le annodava a nastri colorati d’ansia e di tempo. Gli occhi come aquiloni lanciava verso l’alto, in aria, incontro al sole.. strofe rimate e ricamate, a volte lievi, ballerine sottili, e a volte grevi, struggenti e lascrimose.. Le dedicava a lei che ne beveva a sorsi e si ubriacava, e di rimando sciorinava storie, su tavole imbandite di senso e di colore.. Storie di terre, di corsi d’acqua, di dolori perduti e ritrovati dentro le tasche piene…Inventava i paesaggi, i visi, i personaggi, burattini di pezza e di parole che mescolava a vita. E li muoveva, e ci giocava, come bambole mosse da mille volontà, in un mondo fantastico e irreale che regalava a lui in pegno del suo amore. Per far passare il tempo, che fosse lieve lieve, che alleggerisse il cuore…Fu un amore veloce, quanto il tempo che bastò a nominarlo, e intenso come il mattino che non ti vuoi svegliare, e stretto come un nodo di gambe dentro a un  letto.. Un’amore di versi confusi fra i capelli, di baci sparsi fra le labbra e la carta, un amore di morsi, per lasciar segni certi, per non dimenticare.. Mai più gioioso, verso scritto e riscritto, corretto mille volte e mille volte letto, amore ad ogni ora ed in ogni momento, mai più lievi parole, e mani, e sensi ..e mai più breve.. a lasciar traccia di se, senza dolore…



domenica 15 gennaio 2012

Scrivere


Va bene va bene… mi hai convinta…
Abbiamo tutti una storia.. a volte sembra una linea dritta, tracciata con la punta pastosa di una matita nera su un foglio, e carezzata piano da una mano piccina… a volte invece no… è un cerchio,   o  è un angolo acuto o ottuso  e un pò distratto che  punge,  di sale e di vissuto e arrotola le labbra in smorfia o in un sorriso.. Le storie della gente.. dio che capolavoro… c’è chi non sa vederle, che quello che si vede sembra pane  raffermo e un po muffito.. corre sui suoi binari senza spostare l’aria.. e passa via veloce.. non s’è neanche fermato.. e  c’è  chi le respira.. Dentro una tasca, sempre.. e se ti dico sempre è che mi devi credere,  che proprio intendo sempre.. c’è un sassolino, un no, un avverbio di tempo…c’è sempre quella virgola che sospende il discorso, che arresta il fiato, il gesto che è rimasto li a mezz’aria e non ha poi concluso l’intenzione…il passo che confuso, devia la direzione…quell’imprevisto che nessuno s'aspetta, c’è sempre una ragione che ha fatto ritirare quella mano..  mancare alla parola,  negare al padre un figlio e all’amante l’amato… Scrivere il se a lungo lascia il vuoto.. si fanno i figli in due .. in due si fa la guerra e poi si fa l’amore…Si fanno storie trascinando sul tavolo quel morso di dolore che ci ha sbranato il petto, guardandolo nel viso..se ce l’ha.... ma poi  non è più cosa, non è più  nostro...ci serve all’occorrenza e non ci fa più male.. Con la voglia di scrivere è l’arte alla parola, non si può solo piangere, non si può solo se... ne si può certo vivere.. non si può essere.. e non si può sapere…con l’arte dello scrivere si deve raccontare,  dipingere,  suonare....che la parola dice, denuncia, urla e  balla… e anche  schiamazza e stride,  disabile e maldestra se non la sai dosare... Scrivere su di se rallenta  il tempo e immobilizza il senso e la ragione, e non permette mai d’allungar gli occhi altrove.. di girarsi a guardare ..Io non mi son mai vista di spalle.. camminare ...

venerdì 13 gennaio 2012

un'altra storia


Quando la porta dell’ascensore scivolò alle sue spalle e produsse quel suono, lui s’incrociò allo specchio,  si riconobbe al volo, ma non si soffermò. Negli occhi la figura di lei, inquadrata nello spicchio di luce della porta socchiusa, la vestaglia pesante, stretta  alla vita da un abbraccio un pò triste, e i piedi nudi. E  fu  una folla rumorosa di pensieri.. ma cos’è stato? ma com’è stato, come mi son trovato?? Cosa ho capito, e cosa m’è sfuggito?.. nemmeno una risposta..  Le sue parole a pioggia a bagnargli la fronte, a scivolargli in tasca. E  rincorse a fiato tutta quella giornata:  l’auto di lei che passava il semaforo, la sua  che  seguiva,  gli occhi, un sorriso, la pizza che freddava,  e intanto raccontava quella storia.. Anni ch’erano quelli che lui aveva vissuto chiuso dentro a un cassetto, un fiore che è seccato dentro un libro…un fazzoletto ben piegato in tasca.  Lei sfila gli stivali, la pioggia, il letto, le sue lenzuola bianche e quell’abbraccio… Si ritrovò a guidare in  una strada buia, che non sapeva proprio dove andasse, che poco gli importava .. e lei che ripeteva .. adesso non sparire.. e gli infilava un libro in una tasca .. leggere è una ricchezza che non può non piacere.. E più s’allontanava..   Tutto ciò che sapeva non aveva più verso, persa la direzione. Pioveva   e non sapeva il  freddo,  non importava l’ora, non era più questione di sapere,  era il momento d' essere, di se,  e sopra tutto.. Quando incontrò un  passaggio a livello  pensò che era il bel posto per fermarsi, sollevò il piede dal pedale, girò la chiave nel cruscotto… e fu quel  gran silenzio.  Accese la luce  sul tettuccio, sfilò quel libricino dalla tasca e s’allungò comodo sul sedile. Sapeva con certezza cosa fare, che gli veniva facile,  senza neanche pensare ... da quel momento in poi.... e scivolò dentro ad un’altra storia…

sabato 7 gennaio 2012


Una mattina di luce tanto intensa da soffocare gli occhi in pieghe protettive, da stringere le mani in pugni di consenso, che tace, d’un silenzio irreale, solo il suono distante dell’operosità sfinita ed estenuante della signora dell’ottavo piano. Stirò le gambe, con una mano si carezzò la faccia.. che pelle secca.. dev’esser stato il vento.. L’aria le pizzicò le caviglie e i polpacci, e il sole sbatacchiò sopra gli specchi, quando arrivò alla sala. I panni stesi vicino al calorifero, la polvere s’era accucciata sul tavolo di legno e rimbalzava adesso disperata, nel passo d’una luce intermittente che schietta s’infilava fra le pieghe scomposte di una tenda all’aria.. Questo silenzio è immane, pensò, fa quasi pena .. rotola dentro il petto supplicando attenzione.. s’annoda stretto a ieri e si ritrae dall’oggi… Contratta s’avviò verso la porta per prendere il giornale, però non lo trovò, ci restò male..
Come un malato grave che è scampato alla morte e accoglie un nuovo giorno di speranza e di pace, abiti comodi e caldi, lana a lenire le pene, che pene più non sono, ma meritano ancora di prudenza e di cure.. Si massaggiò le mani sotto l’acqua corrente, calda, per sciogliere nel sangue un pò di vita. Si ravviò i pensieri con le mani, con gli occhi si frugò in fondo agli occhi, come fossero tasche, sperando di trovare ciò che era andato perso, dimenticato, un filo, un nodo stretto, il palmo di una mano, aperto, asciutto, una colpa bruciante, un soffio di rimorso. Corse veloce allora sulle pagine scritte, e poi su quelle lette, accarezzò la carta, annusò quella vita. Ma va bene così.. le labbra irriverenti parlarono per lei.. si.. va bene così, si ritrovò a ripetere..senza coscienza e senza approvazione… e cominciò pietosa a cucinar verdure

venerdì 6 gennaio 2012


Numero 104... L’estate era stata così calda che giù alla cava stavano tutto il giorno.. non c’era un filo d’ombra, ma c’era l’acqua, le voci risuonavano come  se biglie di vetro e di metallo  rimbalzassero sul muro trasparente di quel cielo.  Davide, quello che fumava nella fotografia fatta dal prete,  aveva un dente rotto, lui diceva un cazzotto, ma era scivolato mentre  scappava via, la cinghia di suo  padre  lo braccava. C’era la Silvia nella fotografia, con le calzette bianche e la sua gonna a pieghe, era il '65.. e c’era Pippi le mani che già grandi, scioglieva lungo i fianchi,  la gamba accavallata  a un grosso sasso e le labbra carnose, sorrideva, pensando a chi prima o poi l'avrebbe vista, quella fotografia. L’aria era ferma, immobile, proprio come di carta, e i suoni scivolavano via certi. Quel mondo che stentava a cominciare come al cinematografo, che si spegne la luce e poi attacca la musica.  La sera poi rientrava, Claudio era appena nato, suo padre stava zitto con quel senso di colpa dipinto sulla faccia, fermo in un angolo, guardava alla finestra, e Pippi lo sapeva che pensava alla pioggia, alla sua bicicletta, alla sua corsa sempre solitaria, pedalando in salita e ancora più veloce, giù in discesa, per acquistare una velocità che  permettesse di riprendere fiato, e gettar gli occhi attorno.. che per lui non c’è altro.. Seduta su una sedia,  lei offriva il suo seno a quel bambino, bianco, morbido e un pò sudato, come fosse del pane.. Non ne farò di figli io.. si ripeteva Pippi senza voce, e non  andrò nemmeno in bicicletta..   
S’aprì una porta a vetri, uscì una donna bianca,  per le mani un fagotto di lana,  seduti in fila su una panca metallica, dentro gli occhi  l'attesa, sporti verso di lei, certi d’appartenenza e di sollievo. La donna con la  cuffietta che pareva una cresta,  con lo sguardo li scorse, e poi guardò il neonato.. “è roba mia” ...lo sentirono dire, ma con un fil di voce, "è roba mia.... c’è una donnina piccola con i capelli neri,  dentro la stanza quattro, al polso le hanno messo un braccialetto, nr. 104.. è roba mia.. l’ha fatto lei,  per me..
Buon compleanno Paolo!!

giovedì 5 gennaio 2012


Luoghi comuni... che popolano i sensi di chi legge, che avvicinano ai mondi più lontani, che m’appartengono per sentito dire, la volontà, sogno d’andare, il senso inverso della mia realtà.
Vorrei aver viaggiato mille mondi, aver veduto, saputo, essermi consolata al tempo ch’è passato, ritrovando me stessa alle radici. Avere pochi anni e il privilegio di ricominciare. Non ho rimpianti per quelli che ho vissuto, son quelli persi e mai recuperati che pendono dal filo del ricordo come se panni stesi e abbandonati, sbiaditi e troppo usati, a fare del passato pagina scritta male, il senso stanco di un vissuto spento. Vorrei aver combattuto battaglie per l’onore, per la giustizia, per un amor perduto, per una fede cieca e denigrata, per la speranza e il sogno. Coraggio che è mancato.

mercoledì 4 gennaio 2012


Come se panni al sole….
Le finestre di casa mia affacciavano su una piazza rotonda e morbida, attraversata da un fiume.. ma era una piazza di città e la poesia che cantava aveva un ritmo secco e senza rima… lo stipite d’una finestra chiusa al freddo ed al rumore m’arrivava alla bocca, ero bambina e avevo sempre un nodo stretto in gola…Spalle coperte da sguardi affascinati e affascinanti, e mani piccoline nelle tasche profonde.  Mamma tornava a casa coi suoi guanti, fredda di vento, e profumata d’altro,  io la guardavo stretta, nel corridoio lungo e senza sole.
In quella piazza s’affacciava il tempo..sfiatavano all’intervallo secco  d’un respiro, come balene i  grandi camion affrontando la curva, e i blu e i rossi, le scritte sulle schiene.. dal fiume immaginavo  odor di fogna, nel vetro intravedevo la mia sagoma senza profondità  e senza faccia…e stavo li a contare.. quante macchina nere son passate.. setto… otto… nove…  fino a che avevo dita .. che oltre la mia misura non ero ancora.. Il mondo era li fuori oltre quei vetri tersi, sotto i miei piedi e sotto le piastrelle.. di qualità  ignota e spaventosa.  Immaginavo il poi  coi sensi, assaggiavo il sapore.. leccavo il vetro, la punta della lingua.. per poterlo sapere…Mi domandavo spesso  a quale mondo sarei appartenuta, a quale  civiltà, a quale storia avrei  partecipato, su quale punto e virgola sarei saltata…Non mi poteva capitare nulla da li, protetta da quel tutto… pesce che boccheggiava in una boccia tonda ..acqua senza correnti,  giravo su me stessa…ed aspettavo l’ora  di poter navigare in mare aperto...