sabato 7 gennaio 2012


Una mattina di luce tanto intensa da soffocare gli occhi in pieghe protettive, da stringere le mani in pugni di consenso, che tace, d’un silenzio irreale, solo il suono distante dell’operosità sfinita ed estenuante della signora dell’ottavo piano. Stirò le gambe, con una mano si carezzò la faccia.. che pelle secca.. dev’esser stato il vento.. L’aria le pizzicò le caviglie e i polpacci, e il sole sbatacchiò sopra gli specchi, quando arrivò alla sala. I panni stesi vicino al calorifero, la polvere s’era accucciata sul tavolo di legno e rimbalzava adesso disperata, nel passo d’una luce intermittente che schietta s’infilava fra le pieghe scomposte di una tenda all’aria.. Questo silenzio è immane, pensò, fa quasi pena .. rotola dentro il petto supplicando attenzione.. s’annoda stretto a ieri e si ritrae dall’oggi… Contratta s’avviò verso la porta per prendere il giornale, però non lo trovò, ci restò male..
Come un malato grave che è scampato alla morte e accoglie un nuovo giorno di speranza e di pace, abiti comodi e caldi, lana a lenire le pene, che pene più non sono, ma meritano ancora di prudenza e di cure.. Si massaggiò le mani sotto l’acqua corrente, calda, per sciogliere nel sangue un pò di vita. Si ravviò i pensieri con le mani, con gli occhi si frugò in fondo agli occhi, come fossero tasche, sperando di trovare ciò che era andato perso, dimenticato, un filo, un nodo stretto, il palmo di una mano, aperto, asciutto, una colpa bruciante, un soffio di rimorso. Corse veloce allora sulle pagine scritte, e poi su quelle lette, accarezzò la carta, annusò quella vita. Ma va bene così.. le labbra irriverenti parlarono per lei.. si.. va bene così, si ritrovò a ripetere..senza coscienza e senza approvazione… e cominciò pietosa a cucinar verdure

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