domenica 15 aprile 2012

Piove....


Piove, continua a piovere e si dice che è giusto così, che è aprile e “deve piovere”, ma non rassicura.. e cosa  rassicura di questi tempi??? Nulla… mai come ultimamente, invasa da un senso di precarietà che stacca da terra e rende disperatamente fragili, mi sento labile come una visione, come una eco che rimbalza fra pareti rocciose  e pericolose, in balia di un vento che non porta con se nulla di buono.. e sono preoccupata, sola, abbandonata, inutile.. non perché incapace ma perché non sufficiente… sono momenti così difficili che accolgono anime fragili e le straziano .. a volte temo di non riuscire a reagire….a volte vorrei aprire la bocca per urlare.. se non sapessi  che aprendo bocca  mollerei la presa, che dai denti scivolerebbero le poche  certezze alle quali sto aggrappata, se non sapessi che finirebbe tutto anzitempo lasciando orfani i miei pochi sogni.. io stringerei i pugni ed urlerei…..

domenica 1 aprile 2012

Wagner - 'Parsifal' - Act I Prelude (Georg Solti)



Quando  appoggiò le mani sui tasti,   pensò che non avrebbe scelto  quella sera,  avrebbe scritto a senso, seguendo solo il ritmo di una musica.. Socchiuse gli occhi e cliccò a caso … Lo riconobbe subito.. il preludio del Parsifal di Wagner.. Musica acquosa e burrascosa,  piena d’echi e tristezza, rimandi e peccati.. Avrebbe scritto a senso .. Un venerdì qualunque di una qualunque vita.. accompagnata a furia nella normalità dalla sua stravaganza, nella infinita pace di quella guerra che non aveva sosta.. E dalla musica affioravano immagini… Le spalle innanzitutto..  chi s'era allontanato, di lui  mentre saliva in ascensore, e di sua madre sola,  una notte d’ottobre, mentre rientrava triste dal  balcone, dopo aver salutato. Le spalle, inesorabili e strette, che non si eran voltate, negando un’occasione,  forse la volontà di ritentare.. E poi le mani.. fatte di dita e polsi e unghie,  pelle tesa alle nocche, e tutte quelle righe e quei segni, sembravano parlare, avvicinavano e prendevano, accaparravano e scuotevano..  causavano dolore.. preludio di dovere, cosa d’amore. E poi ancora  i ginocchi, le pieghe della pancia, i  denti  ed ancora i  capelli e gli occhi.. Siamo fatti di pezzi.. volle sentirsi dire....così assaggiò la voce..  reggendosi la testa contro  i palmi, ma non si preoccupò di che sapore, che era la sua, la conosceva bene.  E la musica era.. immagine che priva di contorni le riempiva la stanza di cose senza come, che si infilava fra le sue dita e i tasti, producendo parole a senso perso…Non ci sono parole.. questa sera, e non ci sono storie che saprei  raccontare.. soltanto questa musica che è di per se una storia , e un tempo e un senso,  e un’eco ed un rimando.. un’andata e un  ritorno.. cosa che troppo  in fretta, non m'ha dato maniera di capire ..e lui.. mentre saliva su quell' ascensore.. Io che non saprò mai .. e domattina mi dovrò svegliare .. l'unica cosa forse, che non si può cambiare..  Un venerdì qualunque, una qualunque cosa, Correva con le dita agitando pensieri,  confondendo la vita con una cosa d'altri, domandando a quel caso, che ne sarebbe stato.. se  avesse scelto tutta un'altra  musica…

sabato 31 marzo 2012

Primavera

S’allenta il nodo dell’inverno, via la zavorra, togli pure le calze..il mio quartiere s’è riempito di fiori, il parco, verde brillante, inopportuna alla periferia è la promessa degli alberi da frutta, cammina lento il popolo, perché popolo è tutta sta gente, alleggerito il passo, raddoppiato i saluti, i giochi dei ragazzi ora si fanno eco, c’è ancora un camion che arriva dalla puglia: vende carciofi meloni arance e pere.. la voce amplificata m’arriva da lontano, brilla anche lei sotto questo bel sole…. "Venite Donne!! veniteeee.. mele, belli meloni, arance, frutta bbellaaaa….sembra il Mouezzin che chiama alla preghiera. Una sedia impagliata, trascinata a un angolo di strada, una donna è seduta regge le mani in grembo e sui fianchi un grembiule, borghi lontani, abitudini che mai sono perdute .. E gli africani che da noi sono tanti, formano capannelli vivaci, parole arrotolate, infiniti saluti, la luce intensa dei sorrisi e degli occhi, le mani lunghe disegnano nell’aria i loro gesti morbidi e aggraziati, i loro grands bou-bou serali, le gambe sono appena accennate sotto quelle vesti colorate, spuntano nudi i piedi, su queste terre piene di fatica.. Mi mancano i profumi, di pane, di fritto, di terra e di sudore..ma li sento ugualmente, sento i rumori, sento voci lontane, ruote di biciclette, un passo secco, un piede sulla ghiaia che ride impertinente, è piccolino .. è un piede di bambino.. S’allenta il silenzio invernale e io mi sciolgo al senso d’umanità che si risveglia e si rivela al sole, m’accorgo, annuso, guardo ed ascolto.. e mi lascio scaldare…

sabato 17 marzo 2012

sabato mattina



























È un’ora così intensa questa del giorno.. impalpabile e irreale ..silenziosa e serena. Perché la luce è già, ma i lampioni sono ancora accesi.. che passa un’auto e ancora  senti il suono dei pneumatici.. che gli uccelletti nel parco.. sfiorano i rami e cip cip cip.. li sento io da qui.. e ho i vetri chiusi. Tra un po tutto urlerà e coprirà anche l’aria di chiasso…di fretta e di ….tutto.. Vorrei aver parole per stender  quel che  provo, in  quest’ora del giorno .. ma non esistono in alcun vocabolario ..tra un pò tutto sarà attività veloce e dispersione, e corsa, mancanza d’attenzione.. tornerà a sopraffarmi, a tirarmi, a stracciarmi di richieste e d’affanno… vorrei restare qui..muta così… accoccolata nella mia briciola di tempo….  a leccarmi le zampe e la coda, a fregarmi le mani e la faccia… a scavar buchi nel muro e seppellirci il pane per domani

lunedì 12 marzo 2012

Buon giorno


buon giorno...
Disse che era il momento di riprendersi il se…. ordinò alla paura di farsi un pò da parte, ormai era domata.. Colpo di frusta!.. bestia gelosa che levava il respiro e il sentimento, ed offuscava il lume alla ragione.. Chiamò a raccolta tutte quante le forze.. Quell’intervento esterno e ben poco convinto, le aveva sparpagliate tutte intorno, andavano riunite una ad una.. pregando con dolcezza ed attenzione, un minimo di partecipazione.. Ma bisognava ristabilire l’ordine.. Si confessò d’aver desiderato l’abbandono.. d’aver sognato di lasciarsi andare, di lasciar scorrere tutte quelle energie, a perdersi così, come acqua fresca, da un rubinetto che s’è scordato aperto per disattenzione…. Guardandole però, gorgo di vita, s’era commossa, le aveva richiamate .. non ne vale la pena, s’era detta. E quindi..detto e  fatto, aveva riannodato tutti i fili di seta colorata che davan movimento e quel gran gioco..Fatta una piroetta.. s’era rimessa in piedi, inchino e giravolta… e un’altra e un'altra volta…e dai.. ancora dai.. si ricomincia…

sabato 10 marzo 2012

te voglio bene assai....


Basta un suono, le poche note di una vecchia canzone che ti investono entrando in un locale, abbraccia una ragazza dopo che aveva pianto… ti riappare il suo viso.. e risenti l’odore.. Te voglio bene assai…ma tanto tanto bene sai… …. di colpo in petto rinnovi quel dolore…… e' una catena ormai ….. risai perché l’hai amato, tanto da esser pronta,  da strapparti al mondo…. che scioglie il sangue dint'e vene sai L’amore che non cede.. perché non ha memoria, ma consistenza, storia della tua storia, smette di lacrimare e ti si siede in grembo, le mani al viso e al petto solo un nodo…
C’era una volta un bandito .. quando i banditi non c’erano più.. quando le pistole non sputavano fuoco… ma solitudine…e vuoto...

Dimmi com'è

Dimmi com’è che erano così chiari i tuoi occhi stasera, da parer nudi.. e perché erano soli, anche se erano due.. Perché t’ho visto vetro, sottile e fragile… dimmi perché  ho temuto che tu andassi per terra, schegge e  frantumi..vaso ricolmo al bordo, d’acqua pesante e sale… Se solo io potessi darti di me quello che sempre troppo e non mi fa dormire.. la mia troppa natura, la mia speranza, il mio troppo domani, che non arriva mai, questo mio troppo amore ingordo e presuntuoso, e tutta quella  forza che m’avanza.. Ho stive piene a vita, serbatoi di coraggio..cieli sereni e blu, che è il tuo colore... e tanto di quel fiato da spingere una flotta dritto alla sponda opposta.. Quel  tuo mare profondo  e pieno di burrasca,  a me non fa paura,  lo navighiamo insieme .. ora sorridi e basta…

venerdì 9 marzo 2012

Non ho proprio parole questa sera..

Non ho proprio parole questa sera.. ne abbiamo dette molte, troppe perché tutte abbiano senso, e la ragione.. è cosa rara la ragione, ed è sempre di pochi.. che son poi quelli che la sanno trovare e raccontare.. Non lo so, io le parole le mangio.. le morsico e le spremo, ne faccio ansia e certezza, dubbi e rigore.. non so.. forse è soltanto che questa sera non ho nulla da dire .. però abbiamo parlato d’energia .. oggi.. di morte.. di destino.. di lacrime e dolore.. abbiamo colto il punto di tante situazioni.. l’amore di mia madre.. il mio.. quello che non ha nome..e i grandi sogni che avevano vent’anni e che a cinquanta sono ancora sogni.. e poi ci siamo detti.. non ti scorderò mai…credendolo davvero.. sperando che così possa bastare a compensare quello che più  fa male…

domenica 4 marzo 2012

Scrivere


E quando seppe scrivere, seppe d’aver scalpelli nelle mani, e dentro gli occhi aveva le intenzioni, che guardare e vedere non è la stessa cosa, come essere e sapere.. Quando s’accorse cosa poteva fare, s’accorse anche del mondo, e che era in movimento, e che era pieno d’angoli nascosti, che sentiva  di vero. Quando scoprì delle parole il senso, seppe d’avere vita, che l’avrebbe vissuta, che non avrebbe più negato all’aria.. Quando s’accorse di tanta compassione, seppe ancora  di se, era entusiasta, che quella forza era  proprio da lei, che quella sua andatura a testa alta tirava la salita, e i piedi, se pur piccoli, marciavano a misura. Delle braccia sottili fece alla vita tenaci lacci d’edera…  E non potè morire, il giorno che morì.

venerdì 2 marzo 2012

...e poi ancora cento

Avrei bisogno di cent’anni di vacanza per leggere tutti quei libri che ho comprato e non ho letto, perché ho sperato di trovare il tempo, e cento anni di solitudine e silenzio, che non esiste al mondo. Avrei bisogno di mura bianche spesse, per escludere il resto, per mantenere fresche le lenzuola e l’aria attorno a me, e rimbalzarci contro i miei pensieri, la voce e tutti i suoni chiari. Avrei bisogno di cento verità alle quale appellarmi, di cento filastrocche  da cantare e cento soli per potermi scaldare.  Cento modi di dire son contento, cento maniere per essere al tuo fianco, cento passi di tango, cento orologi tutti fuori tempo. Avrei bisogno d’avere cento me.. e poi ancora cento….

TELEFONAMI TRA VENT'ANNI - Lucio Dalla

mercoledì 29 febbraio 2012

ho scritto


Siamo arrivati all’alba,
la notte ha guidato i nostri passi,
la grappa smazzato le nostre idee
Il sonno ha colto i se..
Il tempo sviato i ma..
Prendi le mani che ti sto porgendo
e tienile strette che non le voglio perdere.
E prendi i mei occhi, sono pieni di orrore,
trattienili e vuotali che io possa ancora guardare
Salva il mio seno da una battaglia persa
E accorcia ancora un poco le mie gambe,
che fanno passi sempre troppo lunghi
e non ci sto più dietro.
Portami al sole.
Portami dove il giorno non comincia perché è già
alto sui palazzi e lungo nelle strade.
Piedi ancora bambini, percorro storie e pretesti di vita…

domenica 26 febbraio 2012

TIAMO


TI AMO..
Quante volte glielo aveva detto .. non le avrebbe neanche potute contare..che senza sosta e quasi con dispetto.
L’aveva sussurrato,  scritto,  pianto, glielo aveva  persino cantato, un giorno su una panchina al parco con gli occhi bassi, un po per l’imbarazzo e un po per scherzo.. Un suono così tondo, ti amo, con quella O ch’era un abbraccio stretto e quella M, madre di consonanti robuste e appaiate.
E senti come suona  si diceva.. come una cosa buona   … T I A M O…
Chiudeva dentro un cerchio tutto il bene del mondo e tutto il male fuori, che quell’amore detto e manifesto illuminava il buio e sorreggeva il passo..
Ti amo, ti gradisco di rispetto.. ti difendo, ti trattengo e ti accolgo.. Ti amo e sono cosa tua senza difetto…

martedì 21 febbraio 2012


Mai esagerare con gli anti infiammatori...
E s’accorse di lei che era perla preziosa, e luminosa e rara, mare profondo e albero frondoso, anima nata da uno sbadiglio del Dio della bellezza, languida e voluttuosa. Sulidamor il sultano, si innamorò di lei.. Nimesulide, la schiava.. Ai piedi sandali di cuoio adorni di gemme e cristalli di rocca e le sue braccia ali, cinte da anelli di filigrane fiorate, fra i suoi capelli intrecci di fiori e rami di pesco, le sue labbra rugiada e gli occhi erano notti che non volevano essere scordate. Valli e colline il ventre ed i suoi seni, colonne d’avorio le sue cosce, incenso e rose il suo fiato leggero e melodie struggenti, il suono delicato delle sue parole.. Vento, pioggia e ristoro, il movimento lento di una mano.. lacrime e desiderio… A notte, videro tutti  Sulidamor il sultano, vestito di broccati e sete, impreziosito da quel suo amore raro e incontinente, sul suo cavallo alato  Aulin, e la sua schiava amata Nimesulide.. padrone dell’amore e delle mille bellezze, volare in contro alla luna … 

giovedì 16 febbraio 2012


E se io decidesse di girar la realtà capo di sotto per farne uscire senso e verità??? se non fosse l’ufficio la mia meta, se non fosse il dovere la mia destinazione??? Se io potessi scegliere d’esser solo me stessa.. che cosa mai farei??? Innanzitutto farei una grande corsa, spiegherei il fiato, i muscoli, libererei i miei nervi, allungherei per strade che ormai ho perso di vista, e mani e sensi e visi che ho scordato.. andrei nella memoria, avanti e indietro a ritrovar il se, il me, il quand’è stato. Nel mondo mio infinito di parole e di storie, come in un grande prato ed io come bambina ... e mille capriole…

domenica 12 febbraio 2012

netta...

Perdona... i sabati che gridano vendetta, le domeniche mute e forsennate.. la mia voce che smania e s’incammina, se solo prende vento...Perdona i piedi incerti e le mani protese, la rabbia ingiusta e vana che lascio soffiar forte sul mio tempo.. Perdonami.. se marco in rosso l’ora, la futile indecenza, l’abitudine e il verso.. è il prezzo da pagare .... sciegliere è rinunciare.. ma rinunciare è scegliere...anche se sembra uguale...

lunedì 6 febbraio 2012

LENNY


IL GATTO IN UN APPARTAMENTO VUOTO


MORIRE . QUESTO A UN GATTO NON SI FA.
PERCHÉ COSA PUÒ FARE IL GATTO
IN UN APPARTAMENTO VUOTO?
ARRAMPICARSI SULLE PARETI
STROFINARSI CONTRO I MOBILI?
QUI NIENTE SEMBRA CAMBIATO
EPPURE TUTTO È MUTATO
NIENTE SEMBRA SPOSTATO
EPPURE TUTTO È FUORI POSTO
LA SERA LA LAMPADA NON È PIÙ ACCESA
SI SENTONO PASSI SULLE SCALE
MA NON SONO QUELLI
ANCHE LA MANO
CHE METTE IL PESCE NEL PIATTINO
NON È QUELLA DI PRIMA.
QUALCOSA NON COMINCIA
ALLA SUA SOLITA ORA
QUALCOSA NON ACCADE
COME DOVREBBE
QUI C'ERA SEMPRE QUALCUNO. SEMPRE.
E POI D'UN TRATTO È SCOMPARSO
E SI OSTINA A NON ESSERCI
IN OGNI ARMADIO SI È GUARDATO
SI È CERCATO SULLE MENSOLE
E INFILATI SOTTO IL TAPPETO
MA NON HA PORTATO A NIENTE
SI È PERSINO INFRANTO IL DIVIETO
DI ENTRARE NELL'UFFICIO
E SI SONO SPARSE CARTE DAPPERTUTTO.
COS'ALTRO SI PUÒ FARE
ASPETTARE E DORMIRE
CHE PROVI SOLO A TORNARE
CHE SI FACCIA VEDERE SE OSA !
DEVE IMPARARE CHE
QUESTO NON SI FA A UN GATTO.
GLI SI ANDRÀ INCONTRO
CON ARIA DISTACCATA
UN PO' ALTEZZOSI
COME SE NON LO SI VEDESSE
CAMMINANDO LENTAMENTE
SULLE ZAMPE MOLTO OFFESE
E SOPRATTUTTO
NON UN SALTO NÈ UN MIAGOLIO.
ALMENO NON SUBITO.
Szymborska Wislawa


sabato 28 gennaio 2012

sono uscita sul balcone a buttare i giornali nella "carta".. punge il freddo.. in bocca ho cuciti i punti salienti della mia storia.. l'antibiotico sfiammerà le amare conseguenze dei nostri gesti, puntini di sospensione.. finalmente posso bere un caffè caldo... finalmente posso pensare al tempo come "mio" .. ma è solo per un paio di giorni.. poi ricomincerà il conto alla rovescia.. dimenticarsi dell"altro" e fuggire all'"altrove" che nascondo nel petto... e me ne torno a letto.. e "mi" dimentico...buon fine settimana ....

martedì 24 gennaio 2012

Mia..
pane e patate, null'altro che quello, lente le gambe e molli sul pavimento sconnesso, liquidi gli occhi, la lingua legata dentro la bocca vuota, che oltre ai denti manca di parole. Sono finiti i sogni, sono finiti, restano solo i .. mi ricordo.. anch'io me lo ricordo e poi??..e poi le mani artigli senza presa, le vene blu sui dorsi,  fiumi di vita gonfi di peso e di tristezza, negli occhi resta ancora il lume, il simbolo di un si, che troppo han detto, e mi ci perdo. Per quante volte ancora vorrò cercare  fra le tue mani il senso delle mie, e fra i ricordi tuoi un attimo di pace, che non lo trovo perch'è mancato, perchè per pace tu non sei creata, perchè di stirpe, votata alla battaglia, ad una guerra muta e rumorosa, che si è confusa nelle mansioni altrui, ma con coraggio e forza, e senza fine hai continuato a raccontare a me che ho raccattato il filo del discorso, fiato sospeso, dalla tua mano tesa e senza esitazione ho riallacciato il nodo...

mi ci commuovo...

a vederla così.. madre, stesa, assopita e assorta. Terra che attira in un abbraccio languido e sospeso. Mi ci commuovo perchè sembra bambina, e sembra verità, e accoglie tutto il tempo del bisogno, il colore del pensiero, il tepore sottile della necessità...perchè sembra ascoltare, accogliere, esaudire.. tutto ciò che non detto, che mai è stato coraggio... che fu...che scivolato dal buco in una tasca il giorno non trattenne e andò perduto...

Ecco, adesso mi somiglia di più.. non riesco proprio ad importare gli archivi di splinder.. ma fa lo stesso.. che forse è anche meglio... 
buona notte...

martedì 17 gennaio 2012

.. di gioia.. d'amore.. e di parole...




S’erano conosciuti sui banchi di una scuoletta serale di scrittura… Lui componeva versi e si infiammava, e rotolava le sue parole in bocca.. a destra e poi a sinistra, caramelle di menta, di zucchero e di vento.. e le annodava a nastri colorati d’ansia e di tempo. Gli occhi come aquiloni lanciava verso l’alto, in aria, incontro al sole.. strofe rimate e ricamate, a volte lievi, ballerine sottili, e a volte grevi, struggenti e lascrimose.. Le dedicava a lei che ne beveva a sorsi e si ubriacava, e di rimando sciorinava storie, su tavole imbandite di senso e di colore.. Storie di terre, di corsi d’acqua, di dolori perduti e ritrovati dentro le tasche piene…Inventava i paesaggi, i visi, i personaggi, burattini di pezza e di parole che mescolava a vita. E li muoveva, e ci giocava, come bambole mosse da mille volontà, in un mondo fantastico e irreale che regalava a lui in pegno del suo amore. Per far passare il tempo, che fosse lieve lieve, che alleggerisse il cuore…Fu un amore veloce, quanto il tempo che bastò a nominarlo, e intenso come il mattino che non ti vuoi svegliare, e stretto come un nodo di gambe dentro a un  letto.. Un’amore di versi confusi fra i capelli, di baci sparsi fra le labbra e la carta, un amore di morsi, per lasciar segni certi, per non dimenticare.. Mai più gioioso, verso scritto e riscritto, corretto mille volte e mille volte letto, amore ad ogni ora ed in ogni momento, mai più lievi parole, e mani, e sensi ..e mai più breve.. a lasciar traccia di se, senza dolore…



domenica 15 gennaio 2012

Scrivere


Va bene va bene… mi hai convinta…
Abbiamo tutti una storia.. a volte sembra una linea dritta, tracciata con la punta pastosa di una matita nera su un foglio, e carezzata piano da una mano piccina… a volte invece no… è un cerchio,   o  è un angolo acuto o ottuso  e un pò distratto che  punge,  di sale e di vissuto e arrotola le labbra in smorfia o in un sorriso.. Le storie della gente.. dio che capolavoro… c’è chi non sa vederle, che quello che si vede sembra pane  raffermo e un po muffito.. corre sui suoi binari senza spostare l’aria.. e passa via veloce.. non s’è neanche fermato.. e  c’è  chi le respira.. Dentro una tasca, sempre.. e se ti dico sempre è che mi devi credere,  che proprio intendo sempre.. c’è un sassolino, un no, un avverbio di tempo…c’è sempre quella virgola che sospende il discorso, che arresta il fiato, il gesto che è rimasto li a mezz’aria e non ha poi concluso l’intenzione…il passo che confuso, devia la direzione…quell’imprevisto che nessuno s'aspetta, c’è sempre una ragione che ha fatto ritirare quella mano..  mancare alla parola,  negare al padre un figlio e all’amante l’amato… Scrivere il se a lungo lascia il vuoto.. si fanno i figli in due .. in due si fa la guerra e poi si fa l’amore…Si fanno storie trascinando sul tavolo quel morso di dolore che ci ha sbranato il petto, guardandolo nel viso..se ce l’ha.... ma poi  non è più cosa, non è più  nostro...ci serve all’occorrenza e non ci fa più male.. Con la voglia di scrivere è l’arte alla parola, non si può solo piangere, non si può solo se... ne si può certo vivere.. non si può essere.. e non si può sapere…con l’arte dello scrivere si deve raccontare,  dipingere,  suonare....che la parola dice, denuncia, urla e  balla… e anche  schiamazza e stride,  disabile e maldestra se non la sai dosare... Scrivere su di se rallenta  il tempo e immobilizza il senso e la ragione, e non permette mai d’allungar gli occhi altrove.. di girarsi a guardare ..Io non mi son mai vista di spalle.. camminare ...

venerdì 13 gennaio 2012

un'altra storia


Quando la porta dell’ascensore scivolò alle sue spalle e produsse quel suono, lui s’incrociò allo specchio,  si riconobbe al volo, ma non si soffermò. Negli occhi la figura di lei, inquadrata nello spicchio di luce della porta socchiusa, la vestaglia pesante, stretta  alla vita da un abbraccio un pò triste, e i piedi nudi. E  fu  una folla rumorosa di pensieri.. ma cos’è stato? ma com’è stato, come mi son trovato?? Cosa ho capito, e cosa m’è sfuggito?.. nemmeno una risposta..  Le sue parole a pioggia a bagnargli la fronte, a scivolargli in tasca. E  rincorse a fiato tutta quella giornata:  l’auto di lei che passava il semaforo, la sua  che  seguiva,  gli occhi, un sorriso, la pizza che freddava,  e intanto raccontava quella storia.. Anni ch’erano quelli che lui aveva vissuto chiuso dentro a un cassetto, un fiore che è seccato dentro un libro…un fazzoletto ben piegato in tasca.  Lei sfila gli stivali, la pioggia, il letto, le sue lenzuola bianche e quell’abbraccio… Si ritrovò a guidare in  una strada buia, che non sapeva proprio dove andasse, che poco gli importava .. e lei che ripeteva .. adesso non sparire.. e gli infilava un libro in una tasca .. leggere è una ricchezza che non può non piacere.. E più s’allontanava..   Tutto ciò che sapeva non aveva più verso, persa la direzione. Pioveva   e non sapeva il  freddo,  non importava l’ora, non era più questione di sapere,  era il momento d' essere, di se,  e sopra tutto.. Quando incontrò un  passaggio a livello  pensò che era il bel posto per fermarsi, sollevò il piede dal pedale, girò la chiave nel cruscotto… e fu quel  gran silenzio.  Accese la luce  sul tettuccio, sfilò quel libricino dalla tasca e s’allungò comodo sul sedile. Sapeva con certezza cosa fare, che gli veniva facile,  senza neanche pensare ... da quel momento in poi.... e scivolò dentro ad un’altra storia…

sabato 7 gennaio 2012


Una mattina di luce tanto intensa da soffocare gli occhi in pieghe protettive, da stringere le mani in pugni di consenso, che tace, d’un silenzio irreale, solo il suono distante dell’operosità sfinita ed estenuante della signora dell’ottavo piano. Stirò le gambe, con una mano si carezzò la faccia.. che pelle secca.. dev’esser stato il vento.. L’aria le pizzicò le caviglie e i polpacci, e il sole sbatacchiò sopra gli specchi, quando arrivò alla sala. I panni stesi vicino al calorifero, la polvere s’era accucciata sul tavolo di legno e rimbalzava adesso disperata, nel passo d’una luce intermittente che schietta s’infilava fra le pieghe scomposte di una tenda all’aria.. Questo silenzio è immane, pensò, fa quasi pena .. rotola dentro il petto supplicando attenzione.. s’annoda stretto a ieri e si ritrae dall’oggi… Contratta s’avviò verso la porta per prendere il giornale, però non lo trovò, ci restò male..
Come un malato grave che è scampato alla morte e accoglie un nuovo giorno di speranza e di pace, abiti comodi e caldi, lana a lenire le pene, che pene più non sono, ma meritano ancora di prudenza e di cure.. Si massaggiò le mani sotto l’acqua corrente, calda, per sciogliere nel sangue un pò di vita. Si ravviò i pensieri con le mani, con gli occhi si frugò in fondo agli occhi, come fossero tasche, sperando di trovare ciò che era andato perso, dimenticato, un filo, un nodo stretto, il palmo di una mano, aperto, asciutto, una colpa bruciante, un soffio di rimorso. Corse veloce allora sulle pagine scritte, e poi su quelle lette, accarezzò la carta, annusò quella vita. Ma va bene così.. le labbra irriverenti parlarono per lei.. si.. va bene così, si ritrovò a ripetere..senza coscienza e senza approvazione… e cominciò pietosa a cucinar verdure

venerdì 6 gennaio 2012


Numero 104... L’estate era stata così calda che giù alla cava stavano tutto il giorno.. non c’era un filo d’ombra, ma c’era l’acqua, le voci risuonavano come  se biglie di vetro e di metallo  rimbalzassero sul muro trasparente di quel cielo.  Davide, quello che fumava nella fotografia fatta dal prete,  aveva un dente rotto, lui diceva un cazzotto, ma era scivolato mentre  scappava via, la cinghia di suo  padre  lo braccava. C’era la Silvia nella fotografia, con le calzette bianche e la sua gonna a pieghe, era il '65.. e c’era Pippi le mani che già grandi, scioglieva lungo i fianchi,  la gamba accavallata  a un grosso sasso e le labbra carnose, sorrideva, pensando a chi prima o poi l'avrebbe vista, quella fotografia. L’aria era ferma, immobile, proprio come di carta, e i suoni scivolavano via certi. Quel mondo che stentava a cominciare come al cinematografo, che si spegne la luce e poi attacca la musica.  La sera poi rientrava, Claudio era appena nato, suo padre stava zitto con quel senso di colpa dipinto sulla faccia, fermo in un angolo, guardava alla finestra, e Pippi lo sapeva che pensava alla pioggia, alla sua bicicletta, alla sua corsa sempre solitaria, pedalando in salita e ancora più veloce, giù in discesa, per acquistare una velocità che  permettesse di riprendere fiato, e gettar gli occhi attorno.. che per lui non c’è altro.. Seduta su una sedia,  lei offriva il suo seno a quel bambino, bianco, morbido e un pò sudato, come fosse del pane.. Non ne farò di figli io.. si ripeteva Pippi senza voce, e non  andrò nemmeno in bicicletta..   
S’aprì una porta a vetri, uscì una donna bianca,  per le mani un fagotto di lana,  seduti in fila su una panca metallica, dentro gli occhi  l'attesa, sporti verso di lei, certi d’appartenenza e di sollievo. La donna con la  cuffietta che pareva una cresta,  con lo sguardo li scorse, e poi guardò il neonato.. “è roba mia” ...lo sentirono dire, ma con un fil di voce, "è roba mia.... c’è una donnina piccola con i capelli neri,  dentro la stanza quattro, al polso le hanno messo un braccialetto, nr. 104.. è roba mia.. l’ha fatto lei,  per me..
Buon compleanno Paolo!!

giovedì 5 gennaio 2012


Luoghi comuni... che popolano i sensi di chi legge, che avvicinano ai mondi più lontani, che m’appartengono per sentito dire, la volontà, sogno d’andare, il senso inverso della mia realtà.
Vorrei aver viaggiato mille mondi, aver veduto, saputo, essermi consolata al tempo ch’è passato, ritrovando me stessa alle radici. Avere pochi anni e il privilegio di ricominciare. Non ho rimpianti per quelli che ho vissuto, son quelli persi e mai recuperati che pendono dal filo del ricordo come se panni stesi e abbandonati, sbiaditi e troppo usati, a fare del passato pagina scritta male, il senso stanco di un vissuto spento. Vorrei aver combattuto battaglie per l’onore, per la giustizia, per un amor perduto, per una fede cieca e denigrata, per la speranza e il sogno. Coraggio che è mancato.

mercoledì 4 gennaio 2012


Come se panni al sole….
Le finestre di casa mia affacciavano su una piazza rotonda e morbida, attraversata da un fiume.. ma era una piazza di città e la poesia che cantava aveva un ritmo secco e senza rima… lo stipite d’una finestra chiusa al freddo ed al rumore m’arrivava alla bocca, ero bambina e avevo sempre un nodo stretto in gola…Spalle coperte da sguardi affascinati e affascinanti, e mani piccoline nelle tasche profonde.  Mamma tornava a casa coi suoi guanti, fredda di vento, e profumata d’altro,  io la guardavo stretta, nel corridoio lungo e senza sole.
In quella piazza s’affacciava il tempo..sfiatavano all’intervallo secco  d’un respiro, come balene i  grandi camion affrontando la curva, e i blu e i rossi, le scritte sulle schiene.. dal fiume immaginavo  odor di fogna, nel vetro intravedevo la mia sagoma senza profondità  e senza faccia…e stavo li a contare.. quante macchina nere son passate.. setto… otto… nove…  fino a che avevo dita .. che oltre la mia misura non ero ancora.. Il mondo era li fuori oltre quei vetri tersi, sotto i miei piedi e sotto le piastrelle.. di qualità  ignota e spaventosa.  Immaginavo il poi  coi sensi, assaggiavo il sapore.. leccavo il vetro, la punta della lingua.. per poterlo sapere…Mi domandavo spesso  a quale mondo sarei appartenuta, a quale  civiltà, a quale storia avrei  partecipato, su quale punto e virgola sarei saltata…Non mi poteva capitare nulla da li, protetta da quel tutto… pesce che boccheggiava in una boccia tonda ..acqua senza correnti,  giravo su me stessa…ed aspettavo l’ora  di poter navigare in mare aperto...